Nel 1991 , nella Republica Democratica del Congo , quando ho aperto le valvole al primo getto di petrolio che arrivava dai pozzi , avevo dietro la schiena uno sciamano che agitava sulla mia testa un ramo pieno di foglie...ed il crudo arrivo'...
Non era cosi' come tu l'hai rappresentato , ma io l'ho sempre immaginato trasfigurarsi diventare il tratto d'unione tra noi e chi avrebbe , con il suo aiuto extra , potuto portarci fortuna , lavoro , prodotto.
Ciao Ennio
Il registro stavolta in bicromia simula, alla lontana, per chi “vuole” vederlo, il volto di una creatura destinata a fare da intermediario tra la divinità – vera o presunta – e il popolo e, grazie a questo contatto può consolare, guarire, dispensare speranza. Del resto in quanti casi, anche nella nostra vita occidentale, il medico non rappresenta lo stregone? Nelle creazioni di Italo Turci questa “verosimiglianza” però non è importante, non ha lo scopo di ritrarre alcunché, ma quello di richiamare, grazie a un artificio verbale, il titolo, l’attenzione su “quelle” forme, su “quei” colori che l’artista mette insieme in modo così bizzarro, ma coerente, astratto ma corposo, come le note in una composizione dodecafonica; formando immagini non esistenti in natura ma nella sua mente e trasfondendole con empatia nella nostra.
ennio valotto 27/07/2013 23:47
Nel 1991 , nella Republica Democratica del Congo , quando ho aperto le valvole al primo getto di petrolio che arrivava dai pozzi , avevo dietro la schiena uno sciamano che agitava sulla mia testa un ramo pieno di foglie...ed il crudo arrivo'...Non era cosi' come tu l'hai rappresentato , ma io l'ho sempre immaginato trasfigurarsi diventare il tratto d'unione tra noi e chi avrebbe , con il suo aiuto extra , potuto portarci fortuna , lavoro , prodotto.
Ciao Ennio
giovannimontesi53 27/07/2013 23:07
Sempre molto curiose le tue elaborazioni, un saluto Giovanni.Danilo Da Rin 27/07/2013 22:59
Il registro stavolta in bicromia simula, alla lontana, per chi “vuole” vederlo, il volto di una creatura destinata a fare da intermediario tra la divinità – vera o presunta – e il popolo e, grazie a questo contatto può consolare, guarire, dispensare speranza. Del resto in quanti casi, anche nella nostra vita occidentale, il medico non rappresenta lo stregone? Nelle creazioni di Italo Turci questa “verosimiglianza” però non è importante, non ha lo scopo di ritrarre alcunché, ma quello di richiamare, grazie a un artificio verbale, il titolo, l’attenzione su “quelle” forme, su “quei” colori che l’artista mette insieme in modo così bizzarro, ma coerente, astratto ma corposo, come le note in una composizione dodecafonica; formando immagini non esistenti in natura ma nella sua mente e trasfondendole con empatia nella nostra.