Aspettando Godot
"Non arriva nessuno".
"E non arriverà nessuno, c'è il divieto di transito".
"Nessun divieto può impedire la fine dell'attesa".
(libera interpretazione dell'opera di Samuel Beckett)
Aspettando Godot
"Non arriva nessuno".
"E non arriverà nessuno, c'è il divieto di transito".
"Nessun divieto può impedire la fine dell'attesa".
(libera interpretazione dell'opera di Samuel Beckett)
Maurizio Moroni (UKPhoto) 02/03/2013 21:28
Lo so che può sembrare un po' strano visti i fiumi d'inchiostro che sono stati versati sull'opera di Beckett... ma io ci ho sempre visto una forte analisi sul concetto di legame... il legame che costruiamo con i luoghi, con le persone e ovviamente con le situazioni... Vladimiro ed Estragone attendono, forse più il ragazzo che porta loro l'annuncio dell'ennesimo rinvio che Godot stesso legato al suo ruolo di figura portante ma perennemente fuoricampo. Il ragazzo è legato al suo ruolo di messaggero senza il quale perde significato e consistenza... L'attesa è uno scopo ma anche un motivo d'essere che li lega ad un luogo che conoscono e lontano dal quale perderebbero significato come il messaggero... perchè quello è il loro palcoscenico, letteralmente e metaforicamente... il legame fra loro, l'apparente non senso del loro disquisire è qualcosa che potrebbe essere tale solo per l'osservatore che come nella realtà passa sulle vite altrui superficialmente e velocemente concentrato sul proprio palcoscenico e sul propio Godot...Così è per Pozzo e Lucky, padrone e servo legati da un guinzaglio che s'accorcia con la necessità... il legame con il pezzo di palcoscenico di Vladimiro ed Estragone sta nel possesso del luogo ma il loro vero palcoscenico è altrove... la vita che si svolge fuori non è asintotica a quella dei due perchè a Pozzo e Lucky qualcosa succede che cambia radicalmente il loro essere... cosa abbia generato le loro infermità non è dato saperlo ma qualcosa al di fuori succede per chi ha il coraggio creare anche altri legami...
Alla fine vi si può leggere un'apologia della capacità di ognuno di essere foriero del proprio destino mediante i legami che sa forgiare nella vita... Chi sia Godot e come si possa vivisezionare il suo nome poco importa... alla fine tutti attendiamo il nostro Godot... che sia l'occasione della vita, alla Deserto dei Tartari o semplicemente lo stupore quotidiano... come giustamente parafrasi, non è certo un cartello che può fermare una buona attesa! Mi ripeto, ma sicuramente la tua acuta descrizione del tema per immagine (perfetta) e parole è uno stimolo impossibile da ignorare! Maurizio :)
ann mari cris aschieri 25/02/2013 16:42
Puntuale la tua risposta, GinoLom, ti ringrazio: in buona sostanza quello che qui adesso conta non è tanto l'identità del sig. Godot -sulla quale nemmeno Sam ha mai voluto rilasciare dichiarazioni definitive - ma piuttosto il Perchè dell'attesa, protratta in un susseguirsi di fatti che si dipanano su un nastro atemporale, di nebuloso ricordo e, il poco di cui si parla, o sembra accaduto ieri o potrebbe accadere domani.Il successo di questo lavoro credo possa essere individuato proprio nell’interpretazione che non viene protocollata dall’Autore, ma affidata alla libera speculazione di chi ne sia interessato.
Una cosa che ho colposamente dimenticato di dire nel mio commento di ieri è che la lettura della sceneggiatura dà una reale comprensione di quanto la tua immagine aderisca all’idea madre di Beckett.
L’allestimento teatrale, descritto in poche parole nella sceneggiatura, è previsto che sia spoglio e senza orpelli scenografici al pari del tuo, e non lo si può immaginare che bianco, esattamente come lo spazio in cui anche tu operi, con l’unica variante della presenza di un albero (funzionale alle reiterate meditazioni di suicidio per impiccagione) da te sostituito col segnale stradale. Anche l’atteggiamento con cui hai caratterizzato i tuoi disperati cloni è la trasposizione grafica precisa dei due derelitti personaggi che sulla scena sono impegnati nell’attesa più recitata al mondo.
Non ci sono frasi alternative. Questo è vero talento.
CIAo!
gino lombardi 25/02/2013 12:24
@ CrisNon ho una sufficiente preparazione sull’argomento per poter difendere la mia interpretazione (non originale, peraltro) circa l’identità di Godot, anzi la tua ricostruzione mi sembra più aderente al senso complessivo che caratterizza l’opera teatrale in discorso. Ma la verità potrebbe essere un’altra e cioè che questo Godot sia apposta indefinito, in modo che ciascuno lo possa identificare con ciò che immagina possa essere il liberatore dall’attesa: unica e certa protagonista dello scritto di Beckett. E, in fin dei conti, non ha poi molta importanza che questo liberatore sia la morte, Dio, il destino piuttosto che le occasioni utili per spogliarsi della propria grettezza: Godot è comunque un qualcosa o una entità che porrà fine all’attesa (che necessariamente non potrà essere eterna: anche le occasioni utili – laddove fossero colte – verrebbero ad esaurirsi e il ritorno all’attesa sarebbe inevitabile) che caratterizza la provvisorietà di ogni esistenza.
Ho riletto quello che ho scritto e mi sa che non rafforza la tua idea del divieto di transito come un mio segnale privato di apertura alla speranza, anzi, confesso che l’idea originaria era quella di un divieto di accesso, ma poi ho cambiato idea: il divieto di accesso implica la possibilità che arrivi qualcuno dall’altra parte della strada….-:))
Stimolare le riflessioni intorno all'umano essere è lo scopo principale delle mie foto, quindi ben vengano gli interventi come i tuoi.
Grazie
Gino
ann mari cris aschieri 24/02/2013 19:32
Caro GinoLom, last but not least spero!ti ringrazio perché questo lavoro mi ha motivato a una rilettura del testo da cui prendi spunto.
Non mi soffermo sul valore formale dell’opera teatrale, seppure mi piacerebbe tantissimo. Giustamente questo è un sito di fotografia e non per chiacchiere da bar! :-(
Però due parole sono doverose e vadano pure a dormire quelli che a cui non interessano.
L’opera teatrale a cui ti sei ispirato (a mio parere con straordinaria capacità di sintesi, voglio sottolinearlo) ha il merito di aver rivoluzionato - riducendolo ai minimi termini - il classico plot, mettendo in burla soprattutto il linguaggio, che da ieratico e teatrale, appunto, si rende farsescamente nonsense. Dopo 60 anni non appare ancora datato e io mi ci sono fatta due risate rigeneratrici.
Mi stacco un attimo dal testo beckettiano per analizzare la tua immagine con la quale in pochi tratti rappresenti assai bene il messaggio di come la vita sia in fondo solo una tragicommedia costituita da eventi minimi e spropositate tribolazioni, noia e tristezza nel dover convivere e confrontarsi con la propria meschinità, attendendo sempre che qualcosa al di fuori di noi ci venga a dare uno stimolo o a riscattare.
La chiave di lettura che tu mi hai passato sottobanco circa la possibile identità di questo misterioso Godot che dovrebbe arrivare e mai arriva, cioè che sia da interpretare con la Morte che ci libera da una vita senza significato, sui due piedi non riesco a farla mia, ( e qui vado con l’ascia), in quanto nel testo stesso i protagonisti progettano di darsi morte da soli, proposito di giorno in giorno rinviato, vuoi per la loro vigliaccheria, vuoi perché vedono nella fine dell’attesa la svolta decisiva per le loro vite prive di sentimenti e vuote di senso..
Godot tutti i giorni arriva, sotto forma di occasioni utili per spogliarsi della propria grettezza: il fatto è che essi non lo riconoscono in quanto non disposti ad attivare alcuno sforzo dal proprio interno, rimandando qualsiasi concreta presa di coscienza all’auspicato arrivo di Godot.
L’accidia è lo stato d’animo diffuso di cui tanti soffrono senza neppure conoscerne il senso, che mette in attesa perenne di un non meglio identificato Signor God(ot).
Il divieto di transito che qui appare, nella commedia non c’è: è un bel escamotage da te creato per rendere ancora più plausibile l’arrivo di Nessuno, ma che non tiene conto di possibili trasgressori. Ehehehe (per fortuna ce ne sono e io vedo in ciò - più che un segnale stradale - un tuo segnale privato di apertura alla speranza)
Grazie per avermi accolta nel tuo spazio con questa piacevole trattazione, spero di non averti annoiato, ma le prossime volte sarò più breve, prometto.
CIAo! cris
lucy franco 20/02/2013 10:55
ottima, grandi riferimenti ma l'immagine prodotta è assolutamente paritaria.nel "tuo" b/n il colore è un ospite d'eccezione, e per questo ogni volta che lo usi gli dai un posto d'onore.
bravissimo
cristian volpara 19/02/2013 19:08
Le tue Vie sono infinite...a me piace sempre percorrerle...
Rosalba Crosilla 19/02/2013 17:52
Mentre il mondo si muove, loro stan fermi, nell'attesa, ma eternamente dibattuti tra il rimanere e l'andare .. ed intanto il tempo passa...Realizzazione affascinante, ha ragione fucaz. Lo sono sempre le tue, ma questa è, credo tra le migliori in assoluto, anche perchè dall'atteggiamento dei due trapela quella ansiosa e dibattuta attesa della quale ho parlato poc'anzi.
Meditare ... meditare sull'assurdo che conduce la nostra vita ;.-)
fucaz 19/02/2013 16:39
..verissimoaffascinato dalla realizzazione
tisogi- giovanni tisocco 19/02/2013 15:30
eccelsa la tua idea ..e composizione ..Complimentiisabella bertoldo 19/02/2013 15:00
vedo comunque che l'attesa è pericolosamnte su un piano inclinato.....quindi assai precaria.. sempre un super alla premiata ditta G&Gann mari cris aschieri 19/02/2013 13:33
Ovvero...la speranza sarà l'ultima a morire?Oppure...le cose migliori che ci capitano sono quelle che hanno minor possibilità di verificarsi?
Ritornerò, GinoLom, sono ancora allo studio di capitoli precedenti: l'attenzione è sempre turbo, ma i neuroni si consumano come il carburante.
CIAo!