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Fresco racconto di mezza estate

Fresco racconto di mezza estate

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Fresco racconto di mezza estate

LA DONNA DI NEVE E GELATO

Fabrizio aveva cominciato con quelle sue performance artistiche durante i freddi inverni della sua adolescenza, passati in un paese di montagna.
I compagni di scuola, stupiti dalla sua capacità di plasmare pupazzi di neve di ogni sorta e grandezza, lo avevano sfidato un giorno a costruire, nel cortile della scuola, un pupazzo dalle sembianze femminili.

Così, nottetempo, Fabrizio si era recato a scuola, aveva scavalcato il muretto gelato che dava sul cortile interno, e lì, in poche ore, aveva realizzato il più candido e sexy corpo di donna che l’istituto avesse mai ospitato, ad eccezione forse di quello della professoressa di chimica, a cui visibilmente il giovane artista si era ispirato,
persino nelle fattezze del viso.

L’indomani Fabrizio fu sospeso, naturalmente, ma la professoressa di chimica gli fece sapere, con un timido sorriso, che non le era poi dispiaciuto ritrovarsi un mattino nuda e nevosa, ma più bella che mai, ammirata da tutti i ragazzi e dai colleghi, ad eccezione forse di quel preside bigotto e furibondo.

Da allora, Fabrizio aveva coltivato quella sua rara dote artistica, sposandola ben presto con la professione che dopo il liceo, forse non a caso, aveva scelto: era diventato, infatti, gelataio. E d’inverno, davanti al suo negozio, i clienti potevano ammirare le più belle pupazze di neve che uno possa immaginare. I candidi corpi, ricoperti solo di una sciarpa colorata o di berrettino, tenevano sempre in mano un ghiacciolo, o un cono di gelato. I capelli erano fatti in genere con panna montata, e i capezzoli con ciliegie al liquore. Fabrizio si arrabbiava se qualcuno osava mettere mano a quelle delizie artistico-alimentari. Ma prima che la sua creazione cominciasse a mostrare segni di stanchezza, a causa del vento e delle successive nevicate, egli appendeva, a un albero lì vicino, il cartello “Domani si cambia”. Era il segnale convenuto, e tanto atteso. In quel giorno era possibile, per chi arrivava in tempo, accarezzare le candide natiche e i grandi seni, rubando – se si faceva in tempo - le ciliegie al liquore.

Venivano ormai persino da altri paesi a vedere le sue pupazze, e presto la gelateria fu segnalata come curiosità nelle guide turistiche della regione, portando in breve frotte di cittadini curiosi e infreddoliti a visitare quel luogo.

Ma l’arte mal si concilia con la ripetitività, e Fabrizio sentiva di doversi rinnovare. Fu così che egli arrivò a progettare “la donna gelato”. L’idea gli era venuta leggendo, in una fredda serata del novembre 2003, un articolo apparso su un giornale svizzero. Il titolo di quel servizio non poteva non attirare la sua attenzione: “Succhiare un esquimese ghiacciato manda al settimo cielo?”.. L’articolo parlava di un’esposizione allestita da un gruppo di studenti di antropologia al Museo etnografico di Neuchâtel, che avevano voluto documentare, attraverso quella mostra, la connotazione erotica che la pubblicità dei gelati assume nella nostra società.

Fabrizio aveva tradotto mentalmente esquimese in pupazzo di neve, e le sue candide donnine divennero, nella sua fantasia di artista, degli enormi ice-cream, che fondevano in un solo oggetto del desiderio l’amore per il gelato e quello per il corpo della donna. Raccogliendo la neve intonsa in appositi contenitori alimentari da lui appositamente progettati, e insaporendo man mano la neve che si depositava in quegli enormi recipienti con aromi alla frutta, Fabrizio fu in grado di produrre finalmente il primo pupazzo di neve commestibile: una donna gelato, soffice e profumata. La gente accorreva per cibarsi di quel corpo offerto su lucenti tavole di metallo, scegliendo, quando possibile, non tanto il gusto, quanto la parte anatomica che più intrigava. E il prezzo del gelato cambiava proprio in funzione della parte scelta.

Se è vero che ogni amore ha in sé qualcosa di cannibalico, come poteva ciò non essere vero anche per l’amore più dolce, puro e infantile che Fabrizio aveva coltivato per anni, l’amore – cioè – per la neve ed il gelato?
(R.L.)




Un gelato insieme? Fico!
Un gelato insieme? Fico!
Roberto L.

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