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Si prevede che sarà l'immagine il nuovo linguaggio globale. Ma certo, tutti capiscono attraverso l'immagine. Poi però bisogna avere delle cose da dire, da raccontare. Qui c'è un mondo, addirittura, con la storia della sua evoluzione sociale. C'è la colonizzazione e la rivoluzione. C'è la ricerca di riscatto, quasi soddisfatta da quelle poltrone. C'è la modernità di quei bidoni che non si vorrebbe sapere cosa contenessero. C'è quella tettoia sbilenca sorretta da pali di legno di una foresta già inesistente. C'è un po' di Far West persino, sotto il sole rovente dell'ok corral del Mozambico. Quante cose da dire...
salamelec Duca
ho notato cose interessanti da queste parti - oltre che insolite - che la mia accertata ignoranza in materia non mi ha tuttavia permesso di esplicitare con parole che ritenessi adeguate a render loro giustizia.
non vorrei farLa infuriare con delle castronerie, dato che al par suo amo la versione riposante delle faccende, e non solo quelle fotografiche.
spero tuttavia non riterrà volgare che Le dica in cosa penso consista la Sua particolarità: sarà che lei non pensa (come dice), sarà la sua insita nonchalance, fatto è che Lei maneggia piatti d'argilla come fossero d'argento e piatti d'argento come fossero d'argilla.
la frase non è mia, l'ho copiata, spero che l'apprezzi adeguatamente, in caso contrario ambasciator non porta pena. amc
Il luogo appare fuori dalla storia, come se la civiltà si fosse – ad un certo punto – qui fermata, e così apparirebbe all’osservatore se non fosse per le “multinazionali” che qui hanno una rappresentanza per dirci che questo è un luogo che esiste davvero ed esiste in questo tempo. Ecco, penso che le immagini delle “multinazionali” siano un riferimento temporale capace di trasportare nel presente ciò che è visibile e ciò che è invisibile agli occhi che non vogliono vedere.
Nel corso di un secolo o poco più siamo scivolati verso una specie di mutazione antropologica: dall' " homo sapiens" all' " uomo videns", cioè l'uomo che vede.
Abbiamo infatti digerito tali quantità di foto che siamo abituati a rapportarci con la realtà soprattutto attraverso l'immagine, che ognuno di noi legge filtrandola attraverso il suo vissuto, la sua emotività, le sue convinzioni culturali ed il suo gusto estetico: è sufficiente? Purtroppo no, non basta per leggere in modo corretto una fotografia di reportage, utile, anzi necessario, conoscere tutte le fotografie che ne fanno parte.
Nel caso di questo Mozambico sicuramente fuori dalle rotte turistiche, le immagini che ci è dato osservare sono esteticamente “classiche”
nel senso che il fotografo si limita a riprendere determinati frammenti di realtà lasciando, e volentieri, il “virtuosismo” espressivo, che oltretutto e i certi casi potrebbe anche aver qualcosa a che fare con i limiti della tecnica, per concentrarsi su precisi significati (qui chiarissimi).
Fotografia, in senso lato, che ci sottrae alla abitudine e alla superficialità.
Noto una certa dicotomia tra le multinazionali....:-)
Anche qui la successione delle fotografie non é casuale,mi pare.
Concettulmente potrei pensare che lo showroom nina verrà presto stritolato dalla multinazionale,visto che è messo nel centro della serie.
Una curiosità.
Vedo che hai postato nella categoria "la mia città"....ti sei quindi trasferito...:-))
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Alberto Orlandi 10/04/2014 9:00
Si prevede che sarà l'immagine il nuovo linguaggio globale. Ma certo, tutti capiscono attraverso l'immagine. Poi però bisogna avere delle cose da dire, da raccontare. Qui c'è un mondo, addirittura, con la storia della sua evoluzione sociale. C'è la colonizzazione e la rivoluzione. C'è la ricerca di riscatto, quasi soddisfatta da quelle poltrone. C'è la modernità di quei bidoni che non si vorrebbe sapere cosa contenessero. C'è quella tettoia sbilenca sorretta da pali di legno di una foresta già inesistente. C'è un po' di Far West persino, sotto il sole rovente dell'ok corral del Mozambico. Quante cose da dire...ann mari cris aschieri 10/03/2014 18:20
salamelec Ducaho notato cose interessanti da queste parti - oltre che insolite - che la mia accertata ignoranza in materia non mi ha tuttavia permesso di esplicitare con parole che ritenessi adeguate a render loro giustizia.
non vorrei farLa infuriare con delle castronerie, dato che al par suo amo la versione riposante delle faccende, e non solo quelle fotografiche.
spero tuttavia non riterrà volgare che Le dica in cosa penso consista la Sua particolarità: sarà che lei non pensa (come dice), sarà la sua insita nonchalance, fatto è che Lei maneggia piatti d'argilla come fossero d'argento e piatti d'argento come fossero d'argilla.
la frase non è mia, l'ho copiata, spero che l'apprezzi adeguatamente, in caso contrario ambasciator non porta pena. amc
gino lombardi 08/02/2014 19:27
Il luogo appare fuori dalla storia, come se la civiltà si fosse – ad un certo punto – qui fermata, e così apparirebbe all’osservatore se non fosse per le “multinazionali” che qui hanno una rappresentanza per dirci che questo è un luogo che esiste davvero ed esiste in questo tempo. Ecco, penso che le immagini delle “multinazionali” siano un riferimento temporale capace di trasportare nel presente ciò che è visibile e ciò che è invisibile agli occhi che non vogliono vedere.G
lucy franco 08/02/2014 0:47
Nel corso di un secolo o poco più siamo scivolati verso una specie di mutazione antropologica: dall' " homo sapiens" all' " uomo videns", cioè l'uomo che vede.Abbiamo infatti digerito tali quantità di foto che siamo abituati a rapportarci con la realtà soprattutto attraverso l'immagine, che ognuno di noi legge filtrandola attraverso il suo vissuto, la sua emotività, le sue convinzioni culturali ed il suo gusto estetico: è sufficiente? Purtroppo no, non basta per leggere in modo corretto una fotografia di reportage, utile, anzi necessario, conoscere tutte le fotografie che ne fanno parte.
Nel caso di questo Mozambico sicuramente fuori dalle rotte turistiche, le immagini che ci è dato osservare sono esteticamente “classiche”
nel senso che il fotografo si limita a riprendere determinati frammenti di realtà lasciando, e volentieri, il “virtuosismo” espressivo, che oltretutto e i certi casi potrebbe anche aver qualcosa a che fare con i limiti della tecnica, per concentrarsi su precisi significati (qui chiarissimi).
Fotografia, in senso lato, che ci sottrae alla abitudine e alla superficialità.
cristian volpara 05/02/2014 13:16
Noto una certa dicotomia tra le multinazionali....:-)Anche qui la successione delle fotografie non é casuale,mi pare.
Concettulmente potrei pensare che lo showroom nina verrà presto stritolato dalla multinazionale,visto che è messo nel centro della serie.
Una curiosità.
Vedo che hai postato nella categoria "la mia città"....ti sei quindi trasferito...:-))
Antonello Medici 05/02/2014 0:49
Mi sembra il mio gommista in Venezuela...... Bella !!!!!