La casa rossa
Tratto dalla raccolta onirica
Racconti sotto il cuscino
Titolo: La casa rossa
I preparativi dell’imminente matrimonio con Valentine, negli ultimi tempi, mi provocano strane sensazioni di soffocamento come se qualcuno mi stesse strangolando chiamandomi con uno strano nome che non riconosco essere il mio. È notte fonda, esco dalla casa della famiglia della mia promessa sposa ove, in questi giorni, sono gradito ospite e arrivo, il più velocemente possibile, al confine che delimita la piccola cittadina di provincia dai prati circostanti, dove verrò ad abitare dopo il viaggio di nozze. La corsa mi sfianca a tal punto che, per il dolore della milza e dell’affanno, mi piego in due su me stesso. In certe condizioni è difficile cercare di annusare qualcosa, eppure inizio a farlo. Intorno a me, d’improvviso, appaiono, sotto il riverbero lunare, le tombe di un antico cimitero. Stupito mi tiro su, respiro forte, accendo una sigaretta e fumo mentre la mia mente si impegna nel contare i pali dell’elettricità che si perdono nell’infinito e le croci di legno sulle bare.Come lo zucchero che si scioglie nell’acqua, la nebbia pian piano si dissolve nell’aria. Con calma glaciale oltrepasso il cimitero e seguo il sentiero che si snoda su per la collina che sembra quasi volermi accompagnare, mi chiedo, chissà dove. Ai margini del viottolo, pezzi di rami dilaniati dall’umidità fanno da cornice ad un rigagnolo di acqua putrida e scura che conduce ad un serbatoio di liquido scuro ridotto a melma. Passo oltre e prendo una discesa che arriva di fronte ad una vecchia casa piegata dal tempo. Piccole finestre, come denti neri, attendono di essere spalancate, i battenti sono rugginosi e sporchi. La porta è socchiusa. Dall’interno proviene un cigolio. Uno specchio rotto, al centro della stanza, riflette una fioca luce rossa che ondeggia sui muri impregnati di muffa. C’è una sedia a dondolo che ospita una donna giovane, vestita da sposa. Lo spettacolino, abbastanza macabro, si intravede dalle spaccature degli avvolgibili sbilenchi. Fuori, dall’altra parte della casa, spunta un povero albero nudo di foglie e bruciato dal vento, dai rami scendono ventate di ramoscelli secchi che sembrano colpi di tosse. Una scala a pioli stretti mi invoglia a salirvi. Una volta arrivato sulla sua cima, riesco ad intravedere le abitazioni medievali del borgo che, illuminate, circondano la torre. Le strette vie del centro, spesso trafficate, a quest’ora della notte sono deserte. Il paesaggio mi porta indietro nel tempo. Mi aggrappo con forza ad un ramo grosso e attendo non so che cosa mentre penso “non voglio andare via da questa follia che mi fa vedere le cose sotto una veste meravigliosamente lucida e nera”. Le parole che ora urlano fortissime nella mente, resteranno indelebili e scolpite sulla corteccia. Pensandoci bene, assomigliano alle tre croci che, insieme ai sassi, come nuvole bianche, passano sopra il mio capo per fermarsi nel cielo. Da qui vedo il mio futuro, lo vedo nitido a tal punto che il tempo si ferma. Egli, insieme ai pipistrelli, mi racconta la bellezza del non esserci spiritualmente e per farmi udire il particolare suono della mia anima buia, che bussa vicino alla porta del cuore, soffia leggero sul mio collo producendo un fiotto di sangue caldo che poi avidamente sugge. Una serie di brividi improvvisi si impossessano del mio essere e quelle ombre, che fino a ieri pensavo fossero solo frutto della fantasia, arrivano per portarmi via seguite dal vento gelido della morte che velocemente scorre nelle vene. La macchina della sposa domani percorrerà il sentiero dal quale oggi sono venuto. Sento già anticipatamente il rumore ed il vociare del corteo nuziale che, in processione, seguirà il nostro cammino verso casa. Una volta giunti qui, io la prenderò in braccio e varcherò la porta del nostro nido d’amore… È passato tanto tempo… con un tonfo sordo, tra non molto, mi lascerò precipitare giù da questa cima così potrò aprire finalmente le finestre della casa rossa che mi ha aspettato un tempo, di ritorno dalla funzione, marito e che invece… mi ha visto vampiro. Lei è sempre lì sulla sedia a dondolo dove io l’ho lasciata. Il tempo non ha scalfito la sua bellezza. Basta! La nuova sposa non avrà lo stesso destino di colei che ho amato per prima in questa effimera vita parallela alla morte. Non varcherò una seconda volta l’uscio della casa rossa. Il mio ritorno sarà, in un tempo remoto, lontano da tutto quello che ora sono costretto a vivere e a guardare. Le prime luci dell’alba sono alle porte… il cimitero attende… nella mia bara andrò ora a riposare per l’eternità.
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