Ragazzi si vola! La storia di Martino
Martino era triste. Martino aveva un sogno.
La nostra storia incomincia come tutte le favole, perché in fin dei conti è un po’ una favoletta… Qualcuno potrebbe obiettare che le favole iniziano rigorosamente con:
« C’era una volta una bella principessa che sospirava in attesa del gonzo azzurro… ehm, principe azzurro… », ma suvvia, è lo stesso incipit, nel senso che il nostro racconto si apre con una persona scontenta, cioè triste, perché ha un desiderio inappagato, e pertanto sogna a occhi aperti. Che sia una malinconica principessa o un mogio ragazzino mi pare lo stesso sugo, e poi di belle principesse a Vigevano difettiamo, siamo repubblicani convinti, i reali ad altri li lasciamo.
Martino era nato nella contrada del “Bronzone” a casa dei nonni materni, perché i suoi genitori, come accade a molte coppie di giovani sposi, nei primi tempi del matrimonio non si possono permettere una loro casa. Nel Bronzone aveva trascorso tutta la sua infanzia e un bel dì, quando s’era presentata l’occasione di un alloggio nelle nuove case popolari, i genitori di Martino lì si erano trasferiti, traslocando dal centro città alla estrema periferia, oltre la circonvallazione, in un rione recentemente nato e a sé stante. A Martino il cambio di residenza era pesato assai: lasciare i posti natii fu alquanto traumatico, ma il peggio doveva ancora venire, e lo scoprì, ovviamente, nel modo peggiore. Quella volta aveva invitato nella sua nuova casa il compagno di banco per studiare insieme, fare merenda e poi uscire a giocare nei prati circostanti. Un bel programmino. Ma era andato in fumo, anzi non era neppure iniziato perché come l’amico aveva capito dove abitava, sdegnosamente esclamò: « Ah, io lì, no! – S’arrestò di botto. – Nel Bronx non ci metto piede. » Girò sui tacchi e lasciò Martino di stucco, solo in mezzo alla circonvallazione.
Martino comprese allora il significato della parola “emarginato”, lui che era nato nel Bronzone, il cui stemma ha per simbolo un pentolone, dal quale oggi era caduto sopra una ardente brace. Martino adesso tace.
Martino è triste e ha un sogno: far sì che nel suo rione vengano anche i ragazzi delle altre contrade, che si superino gli uggiosi pregiudizi, perché i ragazzi sono uguali in tutte le parti del mondo e nessuno debba mai provare il fardello del sentirsi un escluso, bollando la sua zona con l’epiteto “Bronx”, con evidente allusione al famigerato quartiere di New York.
Orbene, se fossimo in una fiaba, Martino si caverebbe dagli impicci chiedendo aiuto alla buona fatina, ma qui di fate se ne vedono poche e così, dopo lungo pensamento, il nostro eroe un mattino andò di filato dal buon assessore comunale, sperando che dal suo cappello magico traesse una idea geniale. E in effetti così fu. Meditò il buon assessore: “Qui ci vuole una attrazione che calamiti i ragazzi in quella zona, che l’ignoranza popolare ha ribattezzato Bronx, il quartiere va riqualificato e non credo che basti un semplice parco giochi, ce ne sono già tanti altri qua e là per la città, no, deve essere una attrattiva speciale, unica. Mumble, mumble, - rimuginò il buon assessore, e alla fine s’accese una lampadina – eureka, ci sono! Qui ci vuole una pista di skateboard.” Detto fatto il buon assessore mise in atto il suo progetto e così nella zona di Martino sorse in un batter d’occhio una pista che era uno specchio.
L’idea fu davvero geniale. Ora i ragazzi accorrevano a frotte, e tra questi anche il compagno di banco di Martino, che varcò il temuto confine del Bronx, mentre il quartiere stava a poco a poco assumendo un’altra fama. Martino ringraziò la sua buona stella e il buon assessore.
Martino era triste, Martino aveva un sogno.
Era infatti accaduto che il nostro eroe, dopo essersi fatto regalare dai genitori una tavola con rotelle, si recò alla inaugurazione della pista e subito si cimentò a emulare gli altri compagni che volteggiavano facendo scintille come assi del firmamento. Anche Martino volteggiò, ma solo quel tanto che bastava per finire a ruzzoloni, gambe all’aria. Ben presto gli amici non lo vollero più tra i piedi, era talmente maldestro che cadendo faceva inciampare anche i più bravi: era una vera calamità. Martino ripercorse la via che lo menava in Comune, dal buon assessore. Questi valutò il problema e trovò subito la soluzione: iscrisse Martino a una palestra che dava lezione agli inesperti come lui, trasformando i brocchi in campioni. Occorsero solo pochi mesi e un bel dì Martino si ripresentò sulla pista con un nuovo cipiglio, fiero volteggiò in lungo e in largo tra lo stupore dei compagni. Tale fu il meraviglio che, non potendo alcuno competere con quel prodigio, a uno a uno con animo mogio la pista abbandonarono, lasciando il nostro eroe nuovamente solo.
Martino era triste. Martino aveva un sogno.
Ritornò dal buon assessore, ma questa volta non lo trovò. C’era un altro, anche lui buono, a Vigevano sono tutti buoni, forse solo un pochino meno buono del primo. Il secondo assessore soppesò bene il tutto e alla fine esclamò: « Ragazzo mio, giungi a fagiolo. – Era uomo dotto nell’esposizione – La cura del tuo problema è ovvia: va smantellata la pista così i tuoi amici non si sentirano più a te inferiori. Essi ormai frequentano il tuo rione, e non c’è tema che emigrino in altri lidi, sicuramente vi interesserete ad altri giochi migliori. »
Martino uscì dal Comune convinto che quella fosse la giusta soluzione, anche perché era quello che voleva in cuor suo: lo skateboard portava a una così accesa competizione che prima o poi sarebbero nate rivalità insanabili tra i vari contendenti.
Rincasando passò davanti alla pista dove vide tanti ragazzi felici scorrazzare con le tavole a rotelle e a quel punto capì che non era stata fatta la cosa giusta: tutti i suoi compagni venivano in quel modo privati del divertimento che li faceva ridere a crepapelle.
Martino era triste. Martino al posto del sogno quella notte ebbe un incubo: torme di inferociti monelli lo inseguivano additando l’area vuota, orbata dalla pista, e gli chiedevano urlando perché avesse fatto un simile misfatto. Di buon mattino, appena desto, tornò dall’assessore, ovviamente dal secondo, che gli disse che non era possibile fare marcia indietro. Le lastre metalliche che componevano la pista erano già state destinate, con decreto d’urgenza, alla erigenda arca i cui lavori s’erano interrotti per mancanza di fondi.
Martino chiese lumi su cosa fosse un’arca.
Il secondo buon assessore dogmatico spiegò: « La fine del mondo s’avvicina! – e alzò il dito indice, forse per indicare da quale direzione provenisse. - È prevista per il 21 dicembre 2012. Diverse profezie, formulate dai Maya, dagli antichi egizi, dagli indiani Hopi che preannunciano il ritorno del famigerato Blu Star Cacina – ed esalò quel nome come se fosse a Martino arcinoto – e inoltre dai cambogiani, dai boliviani e da chi più ne ha ne metta, tutti questi popoli, separatamente e all’insaputa gli uni dagli altri, hanno previsto diluvi universali, cadute di asteroidi, tempeste elettromagnetiche, gigantesche eruzioni solari: insomma, per farla breve, ci sono così tante catastrofi annunciate per il 2012 che qualcuna di sicuro ci colpirà. – Il secondo buon assessore fece una pausa a effetto squadrando dall’alto in basso il nostro beniamino. Poi solennemente chiese: - Ci sono codici segreti celati nella Torah ebraica che, una volta decriptati, hanno rivelato esattamente l’attentato a Yitzhak Rabin, primo ministro israeliano, e sempre questi codici segreti della Bibbia, bada bene ragazzo mio, annunciano che nell’anno 5.776, corrispondente al nostro 2012, una cometa colpirà il pianeta. Ora, Martino, vuoi tu barattare la salvezza del mondo in cambio di una miserella pista di skateboard? » Non era una domanda, in quanto la risposta era obbligata: non c’è baratto che tenga contro la fine del mondo, per una nota legge del menga.
Martino uscì dal Comune sconsolato. Camminò muto e solingo, rasente ai muri, immaginandosi apocalittici scenari futuri. Cosa poteva fare egli contro la fine del mondo?
Un piede dopo l’altro procedette, tenendosi le spalle strette. Giunto al 39° passo, noto per essere il passo del “Sì, però…” sostò un attimo a gamba alzata e si domandò: « O.k. è tutto dannatamente vero: il diluvio, l’arca, le lastre di metallo e via discorrendo… sì, però, che cosa ne pensa il primo assessore? » Tornò indietro. L’efficiente segretaria si prodigò a illustrargli che in quei giorni il buon assessore era in altra sede convolato, però lo avrebbe trovato a una importante adunanza cittadina, riconvocata quale aggiornamento della prima riunione, proprio per quella sera stessa.
« E posso andare anch’io a questa assemblea? Di cosa tratta? »
« È aperta a tutti i cittadini perché si parla dell’arca e della fine del mondo. » chiarì la segretaria. “Ah!” pensò Martino. “Il cerchio si chiude. Se si parlerà dell’arca allora anche le mie lastre metalliche saranno tirate in ballo. Ci andrò e qualcosa di bello succederà, non sarà certo una qualsivoglia fine del mondo a mandare in fumo la nostra pista di skateboard, perdindirindina!”
Tommaso Gioietta 24/12/2009 20:09
Complimenti di cuore, i tuoi scatti e i tuoi racconti sono dei capolavori, ci lasci con il fiato sospeso.E' da molto che non ci sentiamo, però ci tenevo a farti tantissimi auguri di buone feste.
Mi piacerebbe sapere come procede il lavoro di cui mi avevi parlato..
Tommaso
Luigi (Gigi) Tarasca 07/11/2009 15:31
Eh no, Geo, non puoi continuare a lasciarci così, appesi al capo sbagliato della lenza!!!Dopo aver palpitato con l'evoluzione interiore e fisica di Martino ci aspettavamo un lieto fine per lui, invece rieccoti la storia della strabenedetta Arca, che con questo capitolo avevi promesso che avresti portato a compimento ma che ora temo che porterai avanti fino a quella maledetta data palindroma!!!
Quindi ora hai DUE files aperti, Geo, attento a quello che fai, corri il rischio di mescolare "Sentieri" con "Lost" e magari anche "X Factor"!!!
Giorgio Peracchio 16/10/2009 21:50
Buona serata Geo, è un poco che latito e non mi faccio sentire, facciamo strade diverse con lo stesso mezzo, con lo steso fine, con la stessa voglia di bello !!Ti lancio un grande saluto, con simpatia !!!
Ciao !!
federico ravaldini 11/10/2009 0:18
Geo sei una....anzi La forza della natura ......Umana!!!potrei anche aggiungere disumana.....come andrà a finire????? Forse è meglio non dirlo, si potrebbe cadere nel turpiloquio.......Ciao FEDE The big sempre nel senso del grosso
Paolo Zappa 07/10/2009 23:57
Sono proprio curioso di sapere come andrà a finire.....ma spero che si sappia prima del 2012......sai, per preparasi per tempo, non si sa mai!!!!!!:-)))))))))))))))))))))))
Sei sempre una forza, Geo!!!!!!!!
giancarlo abbati 07/10/2009 0:09
complimenti per il bel racconto e complimenti per gli assessori ,avete un bel culo ad averli tutti bravi li .ok la fine nel 2012 ,ma nel frattempo che facciamo ,speriamo che la moratti oltre al'expo pensi ad una grande arca anche per i milanesi .intanto io faccio come martino.